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Stories of Design

La Tipografa Toscana: arte e design a caratteri mobili

da 1 Novembre 2020Novembre 2nd, 2020Nessun commento
Martina Vincenti, La Tipografa Toscana

“35 anni, toscana, tipografa CERCA carattere legnoso per relazione stabile. Astenersi tarli”. Martina Vincenti, in arte – e anche su Instagram, certo! – La Tipografa Toscana, si racconta così, e noi non vediamo l’ora di intervistarla. Con un passato e presente da graphic designer, ci ha incuriosito il suo essere schietta e quel modo originale di raccontarsi, ma, soprattutto, la sua passione: la tipografia.

Regolando l’utilizzo delle lettere e il rapporto tra queste e lo spazio creativo, ogni prodotto grafico deve avere una precisa tipografia per perseguire il fine comunicativo e agevolare la comprensione. La tipografia, quindi, se associata al design può essere equilibrio e relazione tra le lettere, che permette di assorbire la sostanza del contenuto. È una forma evoluta di comunicazione per segni che, in questo caso, si fa arte.

Martina ci ricorda inoltre che la stampa a caratteri mobili è fatta di dedizione e lentezza, ed è proprio a proposito di quest’ultima che iniziamo la chiamata in medias res.

“Se avete fretta e serve per ieri, siete nel posto sbagliato”. Quel serve per ieri ci ha fatto impazzire! Nata come graphic designer, credo che in questa affermazione ci sia tutto il tuo primo lavoro, quando c’era sempre un’urgenza. È così?
Sì, ma in realtà è così tutt’oggi. Penso che il lavoro del grafico sia cambiato e ormai il tempo è una variabile sempre più importante. Talvolta anche a discapito della qualità.

Però riesci a far convivere grafica e tipografia?
Sì, anche se la seconda sta prendendo sempre più piede. Le due, però, si alimentano l’un l’altra e spesso un lavoro di grafica mi fa prima passare in tipografia. Si completano.

Ci vuole un bel coraggio a lasciare la sicurezza di un lavoro, tra l’altro molto richiesto, per intraprendere questa avventura a caratteri mobili.
E non è neanche facile reperire il materiale. In più non sono l’unica, ma sì, siamo pochi, e ancor meno a farlo con spirito imprenditoriale. Comunque sia, avevo sempre vissuto la tipografia legata alla grafica, qualcosa di studiato nei libri, ma mai sperimentato. Poi, dopo aver stampato per la prima volta, me ne sono innamorata. Così, ho iniziato a reperire materiali e a trasformare la stanza degli ospiti nel mio laboratorio.

Ti ricordi la tua “prima volta”?
Era un workshop, come quelli che organizzo ora. Da lì è partito tutto. Anche se all’inizio, sarò sincera, non pensavo potesse andare così bene. Invece, è diventato un bell’impegno a tempo pieno.

Caratteri e inchiostro, La Tipografa Toscana

Cos’è che ti ha appassionato?
Ho cercato a lungo una risposta e a oggi direi: le lego e il meccano – quest’ultimo un gioco che ci spiegherà perché non lo ricordavamo (ndr). Da piccola, infatti, ci ho giocato parecchio e si vede che quello scegliere i caratteri e fare degli incastri, mi dà oggi la soddisfazione di allora. Poi, è proprio la parte tecnica di questo lavoro a essere la più interessante, quella che mi fa perdere la cognizione del tempo.

Diventa qualcosa di immersivo. Quali sono i procedimenti?
Sono anche i tempi lunghi delle procedure a richiedere questa immersività. Parto dalla composizione scegliendo i caratteri, li metto nel piano di lavoro, li fisso con i margini, stendo il colore su una tavoletta di marmo e poi sulle lettere alla base del torchio. Infine, passo il foglio tra il rullo e i caratteri e la stampa è fatta.

E tutti questi strumenti del mestiere da dove arrivano?
(Ride) Non è facile perché negli anni il materiale è andato perso e, purtroppo, le attrezzature sono ormai in un angolo delle tipografie, sotto la polvere. Per esempio, i caratteri che utilizzo vengono da mezza Italia e sto anche cercando di dare un ordine a tutto ciò che ho recuperato in questi due anni. Comunque, la cosa più difficile rimane arrivare in tempo: altroché lentezza del lavoro artigianale, in quel caso c’è da correre! Pensare che i caratteri di piombo vengono venduti a peso perché una volta fusi diventano pallini da caccia.

Ritornando al tuo lavoro, chi sono i tuoi clienti?
Principalmente sono privati. Il mercato, infatti, è di nicchia e le stampe su richiesta diventano spesso poster, quindi oggetti di arredo per gli spazi domestici o uffici. Molti sono pezzi di canzoni o poesie, o perché no, il nomignolo, una ricetta da mettere in cucina – da prenderne spunto per i regali di Natale! (ndr) – e così via.

Si instaura quindi anche un bel rapporto con il cliente. Probabilmente apprezzano il tuo essere genuina e il calore del tuo studio in casa – o casa in studio. Se prima ti descrivi come artigiana, tipografa e bel caratterino un motivo c’è. Quest’ultimo è essenziale, in tutti i sensi.
Sì, chi si avvicina a questa realtà ama raccontarsi, facendo spesso venir fuori una parte della propria vita, talvolta privata. Per loro sono un’estranea, eppure questa è la chiave per la buona riuscita della stampa. Calcolate, però, che buona parte del tempo è dedicata anche al recupero e restauro dei caratteri.

Hai fatto bene a precisare, infatti si trascura questa parte e non ci avremmo attribuito più del 5-10 % del tuo tempo.
Invece, è molto di più. I caratteri hanno bisogno di una cura iniziale molto dispendiosa. Poi, diventa comunque una pulizia ordinaria dopo ogni utilizzo. Per farci un’idea, credo che il 60 o 70 % del tempo sia stato speso nel recupero dei materiali e solo il restante nella produzione.

Caratteri, La Tipografa Toscana

A proposito, se ti chiedessimo il tuo font preferito?
(Ride) Diciamo che nell’ambiente siamo molto gelosi dei termini e, in realtà, chiamiamo i caratteri tipi. Infatti, se ci si riferisci alla tipografia artigianale, o lo si chiama carattere o tipo. Font, invece, arriva dal mondo digitale. Però mi sono dimenticata della domanda che mi avete fatto!

Qual è il tuo tipo preferito? – fa sorridere solo a noi questa domanda? (ndr)
Ce ne sono diversi, ma è ad uno, se devo proprio scegliere, a cui mi sono affezionata: semplicità. Tra l’altro, tornando a prima, è stato anche digitalizzato e lo si trova come font in digitale.

Quindi alcuni tipi sono stati digitalizzati?
Sì, se pensi al Bodoni o allo Stop – quello di Freddy per capirsi – sono stati disegnati in passato, digitalizzati e oggi ancora in uso.

Se abbiamo capito bene, sei il tipo che si perde nel riconoscere il font quando legge una rivista o un libro. È così?
Sempre, è una malattia! Poi, ti dirò che questa nuova esperienza da tipografa mi sta restituendo molto anche nel mio lavoro da designer. Il fatto di maneggiare realmente i caratteri restituisce la consapevolezza della loro importanza, facendo realmente caso all’anatomia delle lettere.

In una puntata di Abstract, una docuserie di Netflix sull’arte del design – che consigliamo! ndr – viene raccontato l’iter progettuale del designer Jonathan Hoefler, che talvolta inizia dai caratteri negli oggetti di antiquariato. Il tuo lavoro, invece, che processo segue?
Inizia sempre su carta, ma cerco di non affezionarmi troppo al primo bozzetto. Infatti, ho imparato che quando vado a comporlo mi trovo di fronte a delle difficoltà tecniche che non potevo calcolare prima. Rimango dunque fedele all’idea, ma degli aggiustamenti servono spesso.

Poster Antani, La Tipografa Toscana

E, per chiudere, il progetto che ti ha appassionata maggiormente?
Sono affezionata un po’ a tutti, ma la stampa che mi fa più sorridere è “Come se fosse Antani”. Quando ho fatto quel poster, per un giro di conoscenze è finito nelle mani di Gianmarco Tognazzi, che una sera mi ha chiamata. (Ride) Ed è anche uno dei più venduti! Sarà perché ricorda quel cinema del padre, Ugo Tognazzi.

Dopo la nostra chiacchierata abbiamo provato a mettere tutto a posto con quest’intervista, ma ammettiamo non sarà lo stesso ordine che trovereste nei cassetti de La Tipografa Toscana. E così, chiedendoci quale sarà il prossimo font – ops, carattere – che troverà o quale nuovo poster stamperà, le auguriamo il meglio per quest’arte a caratteri mobili.
Ah, confermiamo: questa tipografa toscana è proprio un bel tipo.

Giovanni Gerolin

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