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(Est)etica: l’armadio dal dna ecologico

Immaginare un capo di abbigliamento sostenibile oggi si può. Peccato che i nostri armadi debordino di vestiti che di sostenibile hanno ben poco.  Ecco le prospettive per un domani più…ecologico!

“Immagina, puoi”. A queste parole, a qualcuno verrà in mente l’immagine di un George Clooney sorridente comodamente seduto in veranda alle prese con la sua rete Fastweb, oppure la voce della mamma che da bambino ti spronava quando sognavi di fare l’astronauta ma non riuscivi a volare data la scarsa propulsione della tua navicella-scatolone, o ancora quando provavi a entrare in ogni armadio per tentare di accedere al  magico mondo di Narnia.

Ma con il tempo, ti sei accorto che quello che il George Clooney di turno aveva promesso non te lo puoi permettere, oppure che l’astronauta è rimasto soltanto una vaga reminiscenza infantile e che il Leone Aslan non è altro che frutto della tua immaginazione.

Ma ci sono alcuni ambiti per i quali l’accostamento “immagina, puoi” è ancora valido, ad esempio nel campo della moda e, in particolare, nella realizzazione di abiti a basso impatto ambientale, ve ne avevamo già parlato in questo articolo Moda Sostenibile, molto più di un semplice trend. Immaginare un capo di abbigliamento sostenibile oggi è possibile. Peccato che i nostri armadi debordino di vestiti che di sostenibile hanno ben poco. Immaginate uno degli status symbol della moda che ha attraversato intere generazioni: i blue jeans.

Per produrre un solo paio di jeans occorrono poco meno di 9500 litri d’acqua, utilizzati per immergere la stoffa in 15 vasche di tintura all’interno delle quali questi pantaloni acquistano il loro caratteristico colore, senza contare le grandi quantità di additivi chimici e acque di scarto. Moltiplicate per i miliardi di jeans prodotti ogni anno nel mondo e avrete così un’idea di quanto inquinino.

produzione jeans

Ma un modo per produrre jeans green è stato presentato a Washington nel corso della conferenza Green Chemistry & Engineering tenutasi nel giugno 2012, sostenuta dall’American Chemical Society. Il processo è chiamato Advanced Denim ed è stato sviluppato dalla multinazionale chimica svizzera Clariant, oggi Archroma, e prevede l’utilizzo di una sola vasca di tintura e tinte di nuova generazione composte da zolfo liquido concentrato e additivi a base di zucchero. Grazie a questa tecnica, tutte le altre fasi della produzione vengono eliminate, con un risparmio, per un paio di jeans, del 92% di acqua e del 30% di energia rispetto alle lavorazioni tradizionali.

Più in generale, dunque, la moda sostenibile (o ecosolidale) è un settore sviluppatosi negli ultimi anni, sia tra le grandi griffe che tra i piccoli brand, che si avvale di materiali di riciclo e prodotti naturali per promuovere un basso impatto ambientale.

Un prodotto per essere ecosostenibile dovrebbe avere 5 caratteristiche:

  • essere prodotto in loco
  • avere un design semplice
  • essere durevole
  • essere costituito da materiali naturali e riciclabili
  • avere un packaging ridotto all’essenziale.

Sembrano generici ad una prima occhiata, ma la GOTS (Global Organic Textile Standard) definisce gli standard universali per definire un prodotto tessile come “biologico”.

Tessuti biologici e fibre naturali

Come dicevamo, uno dei punti che definisce un prodotto ecosostenibile è l’utilizzo di materiali naturali e riciclabili, quali cotone, canapa, juta, ma anche bambù e ortica. Molti brand della moda che hanno proposto progetti ecofriendly, ecosostenibili ed ecosolidali hanno scelto di usare uno di questi materiali per le proprie produzioni. Ma vediamo cosa li rende sostenibili.

fibre naturali tessuti

 

  • Il cotone biologicamente coltivato non richiede l’utilizzo di insetticidi, perché l’eliminazione degli ospiti indesiderati avviene o in modo naturale o attirando insetti nemici dei parassiti, favorendo così il basso impatto ambientale.
  • La canapa è un altro tessuto biologico la cui coltivazione non richiede né un grande quantitativo d’acqua né l’uso di insetticidi e ricopre diverse zone geografiche, dal Canada all’Australia al Sud Africa. Il precoce abbandono della sua coltura fu dovuto alla concorrenza del nylon, ma è stata ora riscoperta e viene utilizzata per ricavare corde, tessuti, oli per cosmetici, farine e carta.
  • La juta, ricavata dalle piante del genere Corchorus, è considerata la seconda fibra più usata dopo in cotone ed è al cento per cento riciclabile e biodegradabile. Appartiene alla famiglia delle Malvaceae ed è utilizzata soprattutto per la creazione di involucri di beni agricoli, ma anche borse, tappeti e cinture.
  • Il bambù è una pianta a portamento e sempreverde. Il suo tessuto, robusto e traspirante, ha un agente antibatterico conosciuto come Bamboo Kun con funzione deodorante. Il bambù essendo una pianta forte e resistente viene impiegata da anni per usi diversi: dalla costruzione di condotte d’acqua rudimentali a ombrelli e stuoie.
  • L’ortica, invece, è una pianta che non richiede l’uso di insetticidi e può essere coltivata per svariati anni consecutivi sulla stessa area. Da questa erba si ricava un tessuto robusto, antistatico, anallergico che può essere battuto e sfibrato per la tessitura di stoffe somiglianti alla canapa o al lino.

Altri materiali innovativi

Ma abbiamo nominato non solo materiali naturali ma anche riciclabili, o in alcuni casi riciclati. Si tratta di materiali prodotti dall’uomo in modo innovativo per sfruttare risorse come i rifiuti o che possono poi essere riciclati senza danneggiare l’ambiente.

tessuti innovativi moda

Jacroki

L’azienda Okinawa sfrutta materiali riciclabili applicabili a svariati prodotti. Il materiale Jacroki, ad esempio, è nato dalla lavorazione di scarti e rifiuti. La componente principale è la cellulosa (80%) incorporata con rifiuti cartacei riciclati e lattice. Jacroki si presenta in vari colori e forme, può essere lavato, stampato, e può essere usato in diversi settori, dall’arredamento alla pelletteria alla cartotecnica.

Canvas, microfibra, lorica

Una scelta poco ecocompatibile è quella che vede l’utilizzo di cuoio e pellami per le calzature. Una decisione più ecosostenibile può ricadere sulle scarpe in canvas per un clima caldo, mentre la microfibra – materiale leggero, resistente, ed ecocompatibile perché non contiene amianto e coloranti- è più indicata per un clima invernale. Un altro materiale che promuove la salvaguardia dell’ambiente è la lorica – elastica con una soffiatura evidente – che si ricava dal poliuretano e microfibra di poliammide. La lavorazione di questo materiale non prevede l’utilizzo di prodotti tossici, quindi non è dannosa né per l’uomo né per l’ambiente.

Plastica

Le problematiche relative alle materie plastiche fanno riferimento agli incidenti in cui i bambini si soffocavano giocando con i sacchetti di plastica e soprattutto al grave problema dei rifiuti e del loro smaltimento. Nel 1990 negli USA erano già attivi programmi di riciclaggio che presto si sarebbero diffusi nel resto del mondo. Si introdussero i termoplastici, che possono essere rifusi e riutilizzati; i termoindurenti e tecniche con le quali le plastiche possono essere riportate a uno stato di materia prima.

Artisti, stilisti, designer e creativi hanno iniziato così ad utilizzare la plastica nelle loro creazioni, proponendo così la moda del riciclaggio. Attraverso la raccolta differenziata, la plastica può essere utilizzata per produrre imballaggi, maglioni e moquette; amalgamata con una ridotta percentuale di lana rende possibile la creazione di sciarpe e golf per il periodo invernale. Vengono anche riutilizzati vecchie camere d’aria e copertoni di bicicletta per creare accessori, vecchie barbie, tappi e fondi di bottiglie, contenitori di lenti e vecchie carte di credito vengono trasformate in gioielli, dando così nuova vita a un materiale sempre considerato senz’anima.

Carta

La carta è uno dei materiali che meglio sostiene l’idea di eco sostenibilità, in quanto consente di creare vestiti alla moda utilizzando fazzoletti, carta igienica, francobolli e vecchi scontrini. Anche con i giornali si possono produrre abiti; grazie alla creazione di gomitoli che vengono prodotti attraverso strisce strappate e arrotolate di pagine di quotidiani. Queste vengono attorcigliate le une alle altre creando continuità senza l’utilizzo di altri materiali come ad esempio colle ed acqua. Questi particolari “fili” possono essere lavorati con dei normali ferri da maglia. La carta non è sottoposta all’utilizzo di coloranti ma la tinta del vestito è data dal colore delle pagine.

Qualche esempio concreto di moda sostenibile?

Abbiamo accennato ai jeans ed al processo produttivo sviluppato per risparmiare risorse, ridurre l’utilizzo di energia e ridurre gli scarti, non solo di materiali ma anche di prodotti inquinanti. Ma non sono di certo l’unico esempio di moda sostenibile, perché grazie a materiali innovativi si può dare un contribuito anche maggiore.

Capi antismog

La stilista londinese Helen Storey e il professor Anthony Ryan dell’Università di Sheffield (UK) hanno inventato i catalytic clothing, gli abiti catalitici presentati al Festival della Scienza di Edimburgo (Scozia) del 2012 che promettono di contribuire a purificare l’aria circostante dagli agenti inquinanti.

Premesso che un catalizzatore è una sostanza che interviene in una reazione chimica aumentandone la velocità, questi abiti hanno i tessuti ricoperti di nano-particelle di biossido di titanio, una polvere cristallina incolore tendente al bianco, e funzionano, appunto, da foto-catalizzatori: in presenza di luce ed ossigeno accelerano le reazioni chimiche che permettono la scomposizione degli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera e li trasformano in altri agenti non nocivi, che svaniscono con la pioggia. In altre parole, questi abiti purificano l’aria, infatti, secondo i suoi creatori, un metro quadrato di tessuto catalitico indossato regolarmente sarebbe in grado di scindere e trasformare 0,5 grammi di ossidi di azoto al giorno.

jeans catalitici

Vestiti biodegradabili

I vestiti biodegradabili sono realizzati con fibre vegetali compostabili, che con il tempo si possano dissolvere nel terreno senza lasciare tracce inquinanti.

Tutto italiano è il progetto Wear&Toss. Interamente in fibre vegetali come quelle ricavate dalla cellulosa e dal mais, le magliette usa e getta sono riciclabili proprio come giornali di carta.

wear&toss tshirt compostabili

Tra i materiali di recupero che potremo indossare ce n’è uno particolarmente insolito: le fibre di latte. La designer tedesca Anke Domaske ha creato un’intera collezione di abiti riscaldando, inacidendo e lavorando proteine di latte scartato dalla produzione casearia industriale, latte che altrimenti sarebbe stato gettato. Il tessuto ricavato è morbido e decisamente economico, senza contare che per la sua creazione non vengono utilizzate inutilmente fibre vegetali o filati animali.

Di spunti per creare un armadio etico ce ne sono moltissimi, noi saremo presenti il 16 e 17 settembre al Fashion Camp a Milano per scoprire le ultime novità. Seguici su twitter @ThisMLife!

Jessica Zanotto

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