
Già da un centinaio d’anni sappiamo come il tempo trascorre differentemente in luoghi diversi, “più veloce in alto e più lento in basso”, tuttavia si tratta di uno scarto impercettibile per noi umani. Lasciando da parte la teoria della relatività, è invece chiaro che il progresso tecnologico non si stia diffondendo equamente sul nostro pianeta: un viaggio a Tokyo ci proietta nel futuro, uno a Harare (Zimbabwe) nel passato.
Nella dicotomia del reale in cui viviamo, la linea che separa i progetti delle ultime start up della Silicon Valley e le storie di fantascienza si fa sempre più sottile. Oggi vi raccontiamo una storia, vi presentiamo quale potrebbe essere la nostra quotidianità nei prossimi anni. In questo dobbiamo ringraziare Gian Luca Comandini, poliedrico visionario del mondo tech che propone un domani basato su IoT e BlockChain.
Alla base del nostro domani
Nell’era della comunicazione c’è spazio per l’opinione di tutti e ciclicamente viene riproposta una contrapposizione binaria fra conservatori e innovatori, anche sul digitale. I primi hanno paura che la tecnologia porti a una forma di alienazione dell’uomo, quando in realtà ciò che si sta proponendo è effettivamente un ritorno al passato, almeno nel modo di vivere. Le macchine puntano a sostituire tutte quelle mansioni che le rivoluzioni industriali hanno forzatamente introdotto nel quotidiano, permettendoci di dedicare quanto più tempo possibile alle attività che davvero necessitano dell’individuo, alle relazioni sociali, alla creatività e anche all’otium.
Prima della nostra storia è importante introdurre il pilastro sul quale si fonda quanto segue: l’IoT. L’acronimo, che sta per Internet of Things (Internet delle cose), venne introdotto già un ventennio fa da Kevin Ashton, cofondatore e direttore esecutivo di Auto-ID Center (MIT). Questa tecnologia permette a vari dispositivi di “comunicare”, condividendo dati e acquisendo informazioni. L’intelligenza artificiale che quotidianamente stiamo allenando, al momento ha un livello cognitivo medio paragonabile a quello di un volatile; si prevede che nei prossimi anni possa giungere a superare l’uomo, continuando a esercitarsi autonomamente mediante un confronto diretto fra i vari device.
Un risveglio biofilo
Il fine dell’IoT nella domotica è quindi quello di dare all’uomo un supporto per alleviare lo stress quotidiano, concedendogli maggiori spazi per esprimersi e assecondando quella che viene definita come biofilia: la tendenza spontanea della nostra specie di avvicinarsi, o meglio, ritornare alla natura.
Potremmo quindi immaginare una sveglia che emuli la luce dell’alba, che sia in grado di decidere l’ora a cui svegliarci in relazione alle informazioni che gli altri dispositivi le forniscono, come le nostre abitudini mattutine, le condizioni del traffico e i nostri appuntamenti sul calendario. Oltre allo stress, la salute nella sua totalità è al centro del progetto: il letto, così come il resto dell’abitazione, si occupano di raccogliere dati biometrici per monitorare le nostre condizioni, per poi comunicarle all’intero sistema.
La colazione giusta
Approfondiamo la questione: poniamo per esempio di essere dei grandi tifosi della Juventus. La Smart TV sa che non abbiamo visto la partita la sera prima e sa anche che la squadra ha perso. La notte, abbiamo avuto un battito cardiaco irregolare, ci siamo svegliati quattro volte e la sudorazione era eccessiva. Confrontando i dati rilevati con quelli storici, il nostro letto deduce il nostro umore. La mattina, mentre ci stiamo sciacquando la faccia, lo specchio ci propone le ultime news e, viste le nostre condizioni (quelle di uno la cui giornata non è partita nel verso giusto) apprende dalla rete che non sia il caso di proporci gli highlight della partita.
Spostandoci in cucina, il frigo e la dispensa ci propongono quella che secondo loro è la colazione ideale, intrecciando i report sulle nostre abitudini alimentari, i prodotti attualmente presenti in casa, le date di scadenza di questi e la loro freschezza. Nel caso non fossimo d’accordo, è comunque in grado di proporci ricette alternative e si ricorderà di questa nostra preferenza collegandola ai dati precedentemente rilevati sul nostro stato di umore.
Elettrodomestici autoriparanti
Nel frattempo, la lavatrice si è accorta che qualcosa non va. Prima di farcelo sapere però, controlla se vale veramente la pena aumentare il nostro livello di stress, o se può cavarsela da sola. Inizia quindi a cercare fra i big data se qualche altra lavatrice ha riscontrato i suoi stessi problemi, scoprendo che ce n’è una nelle stesse identiche condizioni a pochi chilometri di distanza. Quest’ultima ha già ordinato il pezzo di ricambio e chiamato il tecnico riparatore di fiducia. La nostra lavatrice è così smart da decidere di rivolgersi allo stesso tecnico, nonostante non sia quello indicato come “preferito”, perché le sue recensioni sono tutte molto positive e magari ci proporrà uno sconto, essendo già in zona per riparare la nostra sorella lavatrice.
Pensate sia esagerato? Beh, vi comunichiamo che queste sono le nuove tecnologie applicate agli elettrodomestici nate da una collaborazione tra Bosch e IBM; bisogna solo aspettare che si diffondano e che inizino a immagazzinare dati.
Automobili e microtransazioni
Nel frattempo la nostra macchina a pilota automatico ci ha portato in ufficio: un ambiente green con ampi spazi, volto alla collaborazione e al teamwork. Mentre siamo in ufficio, lasciarla parcheggiata e inattiva sarebbe uno spreco: la nostra autovettura andrà quindi a svolgere il ruolo di taxi, raccogliendo le richieste via app. Arriva la sera, sono le 18:26 e alle 18:30 finisce il nostro turno. L’auto si trova a meno di cinque chilometri da noi, ma nella nostra città diventano distanze impossibili da colmare in soli quattro minuti… o forse no. È giunto il momento di introdurre un altro elemento fondamentale: le microtransazioni tra macchine. La nostra macchina potrà chiedere di acquistare per pochi centesimi il diritto di precedenza alle altre vetture, andando quindi a guadagnare quei secondi che le permetteranno di raggiungerci in tempo.
Tutto questo è ciò che Tesla e Uber stanno sviluppando, ma anche Volkswagen e IOTA stanno seguendo il trend.
Il Ministero dell’Infosfera
Può sembrare tutto surreale e lontano, ma è la direzione verso la quale ci stiamo dirigendo già da qualche tempo: il bitcoin nel 2019 compie dieci anni dalla sua creazione; Google Home e Amazon Echo stanno iniziando a diffondersi nel mercato globale nel ruolo di “coordinatori” per l’interazione fra gli oggetti smart presenti in casa; la connessione dati raggiungerà nei prossimi anni il 5G – che porterà come velocità standard quella di 100 Mbps in download e circa la metà in upload – grazie al quale sarà possibile non solo videochiamare i nostri amici in 4K, ma soprattutto renderà effettivamente immediate le microtransazioni; questo incentiverà a sua volta o sviluppo e l’implementazione massiva delle tecnologie legate al BlockChain, ovvero di un database condiviso che col peer-to-peer permette transazioni in moneta digitale.
Potrebbe quindi rendersi necessaria la fondazione, come suggerisce Comandini, di un organo amministrativo nazionale che sia in grado di coordinare i vari progetti di ricerca in ambito digitale, canalizzando gli investimenti al fine di condurre i Paesi verso uno stato di benessere condiviso.
Insomma, non si tratta più di fantasticare su come potrebbe essere una normale giornata nel nostro futuro: tutto quanto abbiamo descritto finora è parte di un domani più che plausibile e che, anzi, sta già per diventare presente. L’unica vera domanda è: quando?