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Stories of Travel

Ritorno al futuro: come è cambiato il modo di viaggiare nell’era digitale

da 13 Marzo 2018Marzo 17th, 2018Nessun commento
Ritorno al futuro

Avete mai usato una cartina stradale? Vi è mai capitato di chiamare dall’estero con l’ausilio di una scheda telefonica? Se la risposta è no, allora oggi vi spieghiamo noi cosa significava viaggiare all’estero qualche lustro fa. Era l’era pre-smartphone, l’era della carta e del caso, in cui si partiva con una buona dose di spirito di avventura e un pizzico di fortuna.  

 

Era che vai, usanze che trovi

Il 2018 è ormai iniziato da un pezzo e la primavera si avvicina.

Per alcuni Pasqua sarà la prima occasione per approfittare di qualche giorno di riposo e ritrovarsi con i propri connazionali incolonnati sulle principali autostrade d’Italia. Per molti, invece, si tratterà di resistere fino al prossimo blocco di ferie: i più fortunati potranno godere del bellissimo ponte dal 25 aprile fino alla Festa dei lavoratori; mentre si parla di estate inoltrata per quelli che più di tutti scalpiteranno per un’isola assolata del Mediterraneo.

Un preambolo attuale per introdurre un viaggio nel tempo e rendersi conto dei cambiamenti epocali avvenuti nel modo di viaggiare negli ultimi quindici anni dell’era digitale. Non ce ne siamo quasi accorti, perché si è trattato di trasformazioni che si sono già sedimentate, quasi delle abitudini, immediatamente sostituite da altre e che hanno coinvolto tutti gli aspetti delle nostra vita. Siamo a tutti gli effetti all’interno di un’evoluzione digitale costante che per molti è diventata parte della quotidianità mentre per i più giovani ne è sempre stata parte.

Ci si immedesima con una generazione precisa che si è dovuta adattare a questa rivoluzione, ma che ancora ricorda che una fetta della propria vita è stata tutt’altro che digitale. Non stiamo parlando di matusa, sia ben chiaro, fatto sta che la rivoluzione digitale ha travolto le nostre vite diventandone parte integrante.

 

Viaggio nel tempo: ieri e oggi

Possiamo affermare che temporalmente nell’arco degli ultimi 10-15 anni si sono intrufolati nella nostra vita una miriade di “facilitatori” che hanno rimodellato la vita di tutti i giorni, figuriamoci il modo di fare viaggi.

app che non esistevano nel 2006

 

Cominciamo, quindi, questo viaggio nel tempo: c’è chi lo farà usando i propri ricordi e chi invece dovrà fare uno sforzo e immaginarsi in un mondo in cui i mezzi digitali sono praticamente ridotti all’osso e per lo più inaccessibili, visti soltanto nei film di fantascienza spinta. Immaginate di voler o dover affrontare un viaggio all’estero, partendo dall’organizzazione degli aspetti più basilari. Scegliete un Paese di cui non conoscete la lingua, magari uno di quelli con un sistema di scrittura che vi farà porre delle domande sulla vostra salute mentale, uno di quelli in cui la lingua straniera che avete a malapena imparato durante i vostri studi non viene neanche lontanamente tenuta in considerazione. Esagerate.

Sarà un’avventura affascinante, pieni di ricordi e di aneddoti e alla fine ci sarà anche il tempo di ritornare al presente per scoprire quali sono le prospettive per il futuro viaggiatore.

Ma partiamo dall’inizio.

 

1. Scegliere la destinazione − Ampliare i propri orizzonti

IERI

Una volta si seguivano i consigli di amici e parenti e di tanti supporti cartacei, tanta carta davvero: in particolare, brochure e guide. Ci si affidava alle agenzie di viaggio per un viaggio facile facile, organizzato a puntino; ma c’era anche chi si affidava completamente alle guide. Per molti le guide Lonely Planet sono state un amico fidato e fonte inesauribile di informazioni per tutte le tasche e tutti i gusti. Poca importanza aveva il fatto che a volte si trattasse di un volume dello spessore della trilogia de “Il signore degli anelli”.

OGGI

Al giorno d’oggi, invece, si trova ispirazione tramite i blog di viaggio, ma anche grazie alle migliaia di foto che riempiono le bacheche di Facebook. La scoperta di location incredibili dietro casa o in un altro continente passa sempre più attraverso i racconti fotografici di conoscenti e di amici più che dalle pagine di una brochure.

hostess di volo brochure

 

2. Acquistare il volo − Avere le ali ai piedi

IERI

Vi ricordate il timore reverenziale con cui si pensava all’acquisto di un volo, soprattutto considerando che ci si affidava quasi totalmente a un’agenzia? Già era complicato acquistare un biglietto di un treno (in Italia) accertandosi al millisecondo che tutti i cambi, orari primaverili, festivi e scolastici corrispondessero perfettamente, figuriamoci prendere un aereo. I voli erano avvicinabili soltanto tramite cavalieri senza macchia: agenti di viaggio che passavano la quasi totalità del tempo a digitare al computer sigle indecifrabili che avrebbero emesso un biglietto aereo per la destinazione e le date prescelte. Biglietto aereo in versione cartacea naturalmente, “colui che non doveva essere mai perso”: infilato in borsa e poi chiuso in cassaforte nell’attesa della partenza.

OGGI

Ora, invece, guai a contattare le compagnie aeree, figurarsi se uno si sogna di acquistare un volo in agenzia di viaggi.

Oggi ci si affida a siti come Skyscanner, ovvero un aggregatore di ricerca per tariffe aeree in grado di interrogare più motori di ricerca contemporaneamente. Skyscanner nasce nel 2002 grazie a un terzetto di tecnici informatici: Gareth Williams, Barry Smith e Bonamy Grimes, frustrati per la difficoltà nel reperire biglietti aerei convenienti per i resort sciistici. Questo aggregatore è diventato uno strumento indispensabile per valutare la convenienza dei voli per la propria destinazione turistica: se prima ci si basava sul consiglio insindacabile di un agente, ora informazioni quali prezzo, tragitto, aeroporti, durata del viaggio sono alla portata di ogni viaggiatore digitale. Non è più necessario aspettare sette ore per prendere il volo di collegamento in un aeroporto in cui non avete valuta locale per acquistare una bottiglietta d’acqua e non osate pagare con la carta o cambiare denaro perché terrorizzati dalle commissioni astronomiche.

 

3. Scegliere l’alloggio − Questa casa non è un albergo

IERI

Una volta, dopo aver acquistato il volo, arrivava il momento di pensare anche all’alloggio e quindici anni fa non c’erano molte opzioni da tenere in considerazione oltre a un albergo. Le classiche soluzioni erano colazione, mezza pensione e pensione completa per quelli ad autonomia zero, che poi dire “pensione completa” oggi si pensa immediatamente a una casa di riposo. In ogni caso il processo di prenotazione era spesso affidato alla fidata agenzia di viaggi e tutta l’organizzazione finiva in mano al proprio agente con cui si formava una specie di cordone ombelicale fino al ritorno a casa, quasi come se per qualsiasi problema o imprevisto l’agente nel suo stanzino potesse cambiare le sorti del pianeta e appianare tutte le difficoltà con un tocco sicuro del suo mouse.

OGGI

Adesso è tutta un’altra storia. Prendiamo, per esempio, Airbnb: oggi la ricerca, valutazione e scelta pianificata dell’alloggio sono tutte in mano al viaggiatore. Una volta acquistato il volo, Airbnb è il portale a cui si accede per la scelta dell’alloggio. Airbnb è nato nel 2007 dalle menti dei fondatori Joe Gebbia e Brian Chesky che, allora coinquilini, decisero di trovare un modo per affittare il proprio appartamento e avere un’entrata extra. In dieci anni Air Bed & Breakfast è diventato un colosso da 31 miliardi di dollari.

Grazie a Airbnb il viaggiatore si trova nella posizione di scegliere autonomamente il proprio alloggio a un prezzo più che vantaggioso e poter discriminare tra molti fattori tra cui: posizione, collegamenti con i mezzi di trasporto pubblici e non, servizi, comodità, tipologia di alloggio, condizioni di pagamento e di cancellazione della prenotazione. Tutto ciò che una volta sembrava impossibile è diventato alla portata di tutti.

hotel

 

4. Trasporti in loco − Andare con i piedi di piombo

IERI

Giunti a destinazione senza intoppi si passava alla fase successiva: muoversi con i mezzi locali. Ritorniamo al caso estremo da cui siamo partiti all’inizio di questo articolo, ovvero quello di trovarsi in un Paese che non utilizzi i caratteri latini per la scrittura, ma qualche misteriosa scrittura tutta disegnini e ghirigori. Non teniamo neanche in considerazione la possibilità di muoverci con i mezzi di trasporto pubblico se non per provare il brivido dell’avventura. Però in qualche modo bisogna provvedere agli spostamenti e se le bacheche degli orari degli autobus non sono neanche lontanamente avvicinabili l’unico mezzo rapido e (forse) indolore è un taxi. Considerando una più che probabile difficoltà di comunicazione con l’autista, negli hotel, infatti, era buona regola rifornirsi di bigliettini con l’indirizzo e il numero di telefono dell’hotel per salvare situazioni altrimenti disperate. A volte succedeva comunque l’imprevisto imprevedibile: un classico era il tassista che non sapeva leggere e allora era il panico e pronunciare il nome della meta non era mai un’opzione plausibile.

Questo il carattere degli aneddoti sul magico mondo dei taxi all’estero.

OGGI

Tocca a un’altra piattaforma, una che ha fatto molto discutere e al centro di parecchie controversie legali soprattutto in Italia e che a suo modo ha rimodellato il sistema dei trasporti in città. Uber nasce nella sua prima versione nel 2009 come Ubercab grazie a Garrett Camp, Oscar Salazr e Conrad Whelan e in seguito grazie al contributo dell’imprenditore Travis Kalanick. Uber è una piattaforma tecnologica in grado di collegare autisti e utenti tramite un’app per smartphone e nonostante tutte le controversie ha continuato a crescere facendosi rispettare come un’azienda da 70 miliardi di dollari. La richiesta di un mezzo, l’inserimento della destinazione prescelta e di un percorso preferito e infine il pagamento avvengono tramite app. Gli utenti Uber ricevono informazioni sul veicolo, distanza, tempistiche di arrivo e grazie a un sistema di valutazione bilaterale, sia dell’utente che dell’autista, Uber garantisce un determinato standard esperienziale. Non c’è più bisogno di alzare il braccio per chiamare un mezzo in corsa e quasi neanche più di saper parlare una determinata lingua straniera in quanto tutto il processo è automatizzato.

 

5. Muoversi a destinazione − Chi va piano va sano e va lontano

IERI

Preso un bel taxi e arrivati al sito prescelto, si cominciava la visita. Questo voleva dire armarsi di zainetto da combattimento occupato quasi per intero da una guida monumentale ovviamente dotata di mappe microscopiche che neanche il Rocci al liceo classico. Una tonnellata di comoda carta per muoversi agilmente nei dintorni, trovare il tempio tanto cercato o uno Starbucks con il tanto agognato bagno e una bella vasca di “caffè”. Alla guida si potevano preferire mappe e informazioni reperite in albergo, magari grazie all’aiuto di un bravo concierge. Nei momenti di difficoltà l’ideale era imbattersi nella bella “i” puntata di centro di informazioni turistiche oppure affidarsi agli abitanti, più o meno dotati di una lingua straniera nel loro curriculum. Per lo più l’avventura di arrivare a destinazione poteva essere costellata da una serie di indicazioni incomprensibili tra cui l’uso della rosa dei venti che d’improvviso diventava un gigantesco gap nella propria cultura personale strettamente limitata all’uso di avanti e indietro, destra e sinistra.

OGGI

Niente ha cambiato il modo di viaggiare e muoversi come le indicazioni stradali di Google Maps. Ci sono generazioni che non sanno neanche che cosa sia una cartina o mappa; la cartina ormai è quella per rollare le sigarette, mettiamocela via. Ma per chi ha viaggiato in macchina per anni affidandosi allo stradario Michelin o alle mappe di Tuttocittà è stata una rivoluzione straordinaria. Significa viaggiare sicuri e sicuri di arrivare, soprattutto, e in tutto il mondo. Per i nostalgici amanti della praticità, ma desiderosi di viaggiare leggeri, esiste la possibilità di salvarsi le mappe offline di Google Maps o un PDF consultabile dal proprio smartphone per avere la propria guida del cuore senza rinunciare alla comodità.

guide lonely planet

 

6. Pasti e nightlife − Tutto fa brodo

IERI

Tempo di dedicarsi al relax: mangiare e bere rimane parte importantissima di un viaggio, ieri come oggi. In passato si appuntavano (su carta) le raccomandazioni degli amici, di altri turisti e visitatori, concierge e addetti alle informazioni turistiche, oppure anche le dritte dei locals. Ad aiutare lo straniero in terra straniera in molte località c’erano e ci sono ancora oggi magazine gratuiti in lingua inglese distribuiti solitamente in negozi, club, hotel e ostelli, ristoranti, uffici. Il servizio che veniva offerto ai lettori dava l’opportunità di entrare realmente in uno stato di grazia e di conoscere in modo quasi intimo la città e i suoi segreti: il servizio offerto alla comunità, quale che fosse, aiutava il lettore nella ricerca di possibilità di self-entertainment. Un esempio classico è Time Out, magazine a distribuzione gratuita da consultare per conoscere manifestazioni, locali, mostre e location da non perdere in città, nato a Londra nel 1968 ma ancora oggi fonte preziosissima di informazioni in più di 1000 città nel mondo.

Infine, non possiamo non citare il fornitore ufficiale di location per il flâneur a passeggio: il caso.

OGGI

TripAdvisor è nata per recensire locali, ristoranti, alberghi e destinazioni, ma noi ci concentreremo sull’aspetto food and beverage. “Cerca ristoranti nelle vicinanze” è la classica query di ricerca di chi vorrebbe assaggiare qualcosa di tipico, oppure di chi desidera spendere poco, di chi ha proprio voglia di una pizza o sta cercando semplicemente il posto più vicino dove mangiare un boccone. Rispetto a una volta, oggi si può valutare una miriade di locali oltre ai pochi consigliati dalla carta stampata e in più se ne può valutare l’effettiva distanza in tempo reale direttamente dall’app di TripAdvisor. Certo, la quantità di locali tra cui scegliere diventa immensa, ma d’altronde questa vastità di scelta da più possibilità di scegliere meglio o secondo il proprio gusto personale. Le informazioni che TripAdvisor condivide sono comunque complete: dal range di spesa fino alla tipologia di servizi e menù per intolleranza varie e chi più ne ha più ne metta; il tutto condito dai commenti di chi effettivamente ha provato di persona.

 

7. Comunicare con i localsRompere il ghiaccio

IERI

Passiamo a una delle parti più spinose del viaggio all’estero: la comunicazione. Nel mondo della comunicazione tra stranieri esistono solo due opzioni: riuscire a comunicare o non comunicare per niente.

Partiamo dal presupposto più felice, ovvero che sia il viaggiatore che il local native speaker abbiano una lingua in comune e in tutti i viaggi si può trovare qualche sorpresa inaspettata: per esempio per un fortuito caso del destino un vicentino in Messico riesca a parlare in dialetto con un il proprio interlocutore perché è un messicano di terza generazione e la sua famiglia in casa parla ancora il dialetto dei nonni. Si passa poi alla ben più alta probabilità che entrambi gli interlocutori conoscano una seconda lingua e fortunatamente sia la stessa: può essere l’inglese, come il giapponese che ha imparato a parlare cockney lavorando a Londra e che vi consiglia cosa prendere al ristorante che ha aperto a Kyoto. Poi si passa a quell’enorme zona grigia delle barriere linguistiche in cui bisogna usare tutti i mezzi per comunicare: due parole in inglese condite di gesti e disegni.

“In aiuto” del viaggiatore esistevano poi frasari, tra le cosa più deleterie in assoluto: frasi imparate a memoria senza capire nulla delle informazioni ricevute in risposta. Anche andare in giro con un dizionario e perdere mezz’ora per tradurre un menù significava automaticamente una crisi di nervi.

Eppure la forza della disperazione e la cortesia tra le persone sapeva fare miracoli e tutto finiva per il meglio (o quasi).

OGGI

Oggi i mezzi per comunicare o per tradurre sono un’ancora di salvezza per il viaggiatore monolingue. Google Translate, per esempio, nato nell’anno del Signore duemilasei, offre tre differenti metodi di traduzione tramite la sua app: la traduzione di una striscia di testo che viene istantaneamente tradotta in qualsiasi lingua prescelta; la modalità conversazione tramite la quale è possibile parlare con un’altra persona in lingua straniera: basta pronunciare una frase nella propria lingua perché venga tradotta e pronunciata dalla voce automatica di Google Translate oppure (rullo di tamburi) impostare la versione automatica di ascolto in cui la traduzione orale (e scritta) avviene automaticamente riconosciuta e simultaneamente tradotta; infine, l’opzione camera translation: è sufficiente puntare l’obiettivo del proprio smartphone come si dovesse fare una foto appunto, rivolgendola a un testo da tradurre (per esempio un cartello stradale) e la traduzione appare sullo schermo sostituendo il testo reale. Pura magia in formato tascabile e tanti saluti alle barriere linguistiche.

 

8. Chiamare a casa − Moglie e buoi dei paesi tuoi

IERI

Il viaggio all’estero dovrebbe essere un momento di stacco e di riposo oppure di meeting e trasferte impegnative a seconda delle occasioni. Spesso però la realtà di tutti i giorni torna nelle sue esigenze, piccole o grandi, a fare capolino: genitori apprensivi, l’idraulico che può passare a cambiare quel tubo soltanto nell’esatto periodo di tempo in cui non siete a casa e chiedete supporto al vicino; e così via.

Per chiamare all’estero una volta esistevano poche opzioni, tutte molto base tra cui le leggendarie schede telefoniche oppure fare un bel respiro e affrontare i costi di una telefonata intercontinentale da telefono fisso. Non c’era molta scelta e comunque la spesa era sempre ben difficile da prevedere, soprattutto nel secondo caso.

OGGI

La rivoluzione l’ha fatta Skype nel 2003 quando tramite un computer era possibile chiamare casa al telefono fisso con credito Skype oppure contattare un account Skype dall’altra parte del mondo. Grazie a Niklas Zennström e Janus Friis le chiamate all’estero a costo zero sono diventate un orizzonte possibile quando rimanere in contatto non era così immediato come oggi. Skype è nato proprio per riempire questo vuoto sia come servizio di messaggistica istantanea, ma soprattutto di VoIP, ovvero conversazioni telefoniche tramite una connessione internet.

 

9. Condividere il viaggio − Patti chiari, amicizia lunga

IERI

Ritornare significava condividere i propri momenti con parenti e amici. Si procedeva alla stampa di fotografie e nel peggiore dei casi in lunghe maratone di diapositive da condividere con i “fortunati” prescelti, condite dai racconti del viaggio e dagli aneddoti più interessanti. Sicuramente questo è un elemento che ci ricollega al primo punto, ovvero alla scelta della destinazione e a come si sceglieva un viaggio prima dell’era degli smartphone.

OGGI

Lo stesso ciclo naturale accade ancora oggi, anche se social network come Facebook e Instagram rendono la condivisione dei propri momenti immediata e in tempo reale. In più questo permette ai “visualizzatori” di scegliere se vedere l’album di 200 foto oppure anche no.

diapositive di viaggio

 

Futuri orizzonti e viaggi virtuali

Realizzando com’è cambiato il modo di viaggiare nell’arco di tre lustri, viene spontaneo domandarsi quali saranno le evoluzioni che ci attendono nel futuro prossimo.

È facile lasciarsi scappare un sorriso di fronte alle disavventure dei viaggiatori di una volta rispetto alla facilità con cui oggi si riescono a fare le stesse cose. L’evoluzione della travel industry non si è di certo fermata e anzi si avvale di sempre più strumenti e chissà quali sono destinati a rimanere, probabilmente nessuno, se non in un forma più avanzata. Delle trasformazioni e trend dell’industria turistica staremo a presentare quali sono le prospettive digitali più interessanti, già esistenti e già influenti e quali sono le effettive prospettive di questi nuovi mezzi digitali.

Tra i trend principali è il caso di tenere d’occhio realtà come Google Trips che sono in grado di semplificare le vacanze e la loro organizzazione concentrandosi su i momenti principali in cui l’utente si riconosce una volta a destinazione: quello che vuole sapere, fare, dove vuole andare e cosa comprare. Un’altra modalità è quella di affidarsi sempre di più ai locals e ai consigli di un determinata comunità di utenti (artisti, imprenditori, ecc.) per tutto quello che c’è da sapere in loco (app e siti come Localeur e Cool Cousin ne sono un esempio). Si tratta di strumenti di grande utilità che dimostrano alcune delle tendenze presenti nella travel industry e che rendono centrale l’interazione dell’utente con la realtà straniera durante il soggiorno. Il ruolo di guida e di assistente in grado di accompagnare il viaggiatore nella realizzazione dei suoi più o meno peculiari bisogni o desideri è alla base della nascita di questi mezzi di supporto a tutto tondo.

Un’altra tendenza diametralmente opposta è invece quella che riguarda la tecnologia applicata all’esperienza di viaggio pre-partenza. Il settore del turismo e dell’accoglienza nel senso più vasto del termine mettono il potenziale viaggiatore nella posizione di poter scegliere al meglio le modalità di viaggio prima di partire grazie a tecnologie avanzate. Vedere digitalmente di fronte ai propri occhi una destinazione o una camera d’albergo grazie ai sistemi di realtà aumentata, fornisce informazioni presumibilmente più complete e veritiere di un testo scritto e fotografie in due dimensioni.

Da questo presupposto sono emersi e continuano a svilupparsi tre tendenze principali:

  • VR (virtual reality, ovvero la simulazione della realtà): si tratta dell’utilizzo di tecnologie in grado di rendere la scelta di un viaggio una forma esperienziale in cui l’utente non si trova più a basare i propri giudizi su una serie di recensioni scritte, ma si trova nella posizione di poterne fare esperienza di persona attraverso piattaforme virtuali, sia della destinazione prescelta, che del mezzo di trasporto o di un tipo di alloggio piuttosto che di un altro;
  • AR (augmented reality, ovvero la tecnologia che sovrappone le immagini digitali alla visione del mondo reale): classico esempio ne è Pokemon Go, ma per i colossi dell’ospitalità e del leisure rappresenta uno strumento dall’enorme potenziale in grado di intensificare le esperienze reali attraverso i mezzi tecnologici; l’interazione con l’ambiente virtualmente “aumentato” è il sistema con cui l’utente ottiene informazioni utili in una formula di gamification applicata al viaggio. La traduzione in tempo reale di porzioni di testo di Google Translate ne è l’esempio per eccellenza;
  • AI (artificial intelligence, ovvero robot, chatbot e compagnia cantante): in quest’ultimo caso i trend del futuro prossimo sono anche legati a computer che sono in grado di portare a termine compiti tipicamente umani. Un’immensa mole di informazioni e lo sviluppo tecnologico vengono combinati per servire l’utente senza la presenza fisica di personale umano, ma fornendo una risposta istantanea ai bisogni espressi. Attraverso l’interazione con un chatbot, l’intelligenza artificiale simula una conversazione con l’essere umano imparando dalla mole di dati acquisiti e attraverso l’interazione di tipo vocale. Il settore alberghiero ha già dato di voler servirsi di queste tecnologie implementandole tra le varie modalità del servizio clienti.

 

Dove andremo a finire?

A conclusione di questo viaggio nel passato, presente e anche futuro possiamo concordare che organizzare autonomamente un viaggio non è più un’utopia come quindici anni fa. Oggi le difficoltà di pianificare e scegliere autonomamente come muoversi, dove stare, sono praticamente azzerate. La quantità di informazioni puntuali e utili è tale che è raro trovarsi di fronte all’inaspettato anche quando si organizza un intero viaggio senza l’aiuto di un esperto. Si tratta per davvero di un viaggio “a prova di scemo”.

Ma le nuove tecnologie e i sistemi di realtà aumentata saranno davvero in grado di rivoluzionare il modo in cui viaggiamo? Il viaggiatore e le interazioni con i locals sono sempre più destinati a diventare un ricordo a cui ripensare con nostalgia e aneddoti da raccontare ai nipotini? C’è chi è convinto di no: nel 2006 Dara Khosrowshahi, CEO di Expedia, ora CEO di Uber dall’estate scorsa, affermava convinto che la realtà virtuale nell’industria turistica non s’ha da fare:  “I hope that VR in travel fails miserably because I want people to go places”. Può essere un ottimo mezzo per lanciare sul mercato prodotti e servizi ai propri consumatori e mezzo di comunicazione e motivo di ispirazione per partire, ma non può essere un surrogato del viaggio stesso.

Forse questo percorso temporale attraverso l’evoluzione del viaggio ci fa semplicemente capire che per quanto potremo essere supportati e guidati dovremo sempre essere noi i veri protagonisti di quest’esperienza. L’unica differenza la fa il modo in cui si sceglie di viaggiare.

 

 

Le “guide”:

10 of the best apps for independent travellers”

6 Ways in Which Technology Has Changed the Way We Travel

3 Digital Trends That Will Take the Travel Industry By Storm in 2018

www.statista.com

Alessia Bortolotto

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