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Storytelling: raccontare la storia giusta al momento giusto

da 17 Marzo 2020Aprile 19th, 2020Nessun commento

Perché lavorando ogni giorno tra le pareti della fabbrica e le macchine e gli altri uomini per produrre qualcosa che vediamo correre nelle vie del mondo e ritornare a noi in salari che sono poi pane, vino e casa, partecipiamo ogni giorno alla vita pulsante della fabbrica, alle sue cose più piccole e alle sue cose più grandi, finiamo per amarla, per affezionarci e allora essa diventa veramente nostra, il lavoro diventa a poco a poco parte della nostra anima, diventa quindi una immensa forza spirituale.
(Adriano Olivetti)

Se non è storytelling questo, il discorso di Adriano Olivetti ai lavoratori di Pozzuoli nel 1955, ripreso ora, a qualche giorno dai 60 anni dalla sua morte, per un breve slalom tra la comunicazione d’impresa e il suo sviluppo. Se non è, anzi sono, storytelling i camion di Fercam con i disegni dei bambini, che rendono più familiare il mondo dei trasporti. Sono la conferma che raccontare la storia giusta al momento giusto funziona.

Comunicare attraverso delle narrazioni è come relazionarsi con una risata, permette di fare breccia nei muri e creare un canale di comunicazione inossidabile, diretto, che arrivi dritto al cuore e, talvolta, alla pancia.
Lo storytelling alleggerisce raccontando, accompagna il contenuto rendendolo coinvolgente, convertendo così crisi o successi, rallentamenti o innovazioni, in emozioni universali e assimilabili

L’azienda ha bisogno di intrecciare i suoi racconti di marca con i destini delle persone (Paolo Iabichino).

 

Olivetti Lettera 32

Leggi Schei e le incredibili storie dietro alle imprese del Nordest e ai suoi distretti, nate da operai, sognatori, risparmiatori, amanti del lavoro e pazzi di lavoro, da chi creava una bottega rudimentale in un garage per arrotondare dopo il turno in fabbrica.
Queste aziende sono state prima fatturato e poi storytelling, ma senza le storie delle persone che hanno dato carattere, talvolta il proprio, alle loro creature, cosa sarebbero state? 

E le aziende di oggi, che interessi hanno? Sentono questa necessità di presentarsi, raccontarsi e raccontare?

Hanno consapevolezza di questi mezzi? Le piccole e medie imprese dei nostri distretti, o della nostra provincia, hanno un fatturato tale da poter investire in un simile management artistico?
Proporzionalmente alla propria portata e potenziale, credo di sì. La narrazione ha un potere pazzesco, anima, vive e sopravvive all’interno dei suoi lettori che poi sono persone, clienti e consumatori. E infine sono fatture, sì, fatture, schei, appunto. Arrivati al dunque, non dimentichiamoci che all’imprenditore e anche ai dipendenti, prima di tutto interessa questo, quel pane e vino di Olivetti e, soprattutto, la casa.

Consapevoli che, come insegna la letteratura stessa, sono secoli che raccontiamo le stesse storie e, spesso, il cinquanta percento delle cose che diciamo, non sono cose che diciamo, sono cose che ripetiamo (Paolo Nori), è bene ricordare che ogni volta si accende il microfono per dar voce alla propria storia, l’azienda dovrebbe approfittare per farlo in modo diverso. Attraverso nuove modalità, facendo attenzione alla riconoscibilità e prendendo in considerazione la sua gratuità, quando possibile.

Mentre Amazon viene raccontato ogni giorno dalle recensioni dei suoi clienti, per una narrazione paradossale dove i destinatari della storia sono gli autori di micro-capitoli della stessa, può essere curiosa anche la figura del brand ambassador.

Per esempio, Dolly Noire veste così i suoi clienti più affezionati, non solo con le felpe o maglie del caso, ma con tutti i suoi valori, creando una community. Probabilmente il terreno più fertile per una crescita duratura sul lungo periodo, soprattutto per un brand giovane di abbigliamento streetwear.

Viaggiare per l’Europa, per 7 giorni, usando solo Red Bull come moneta?

Red Bull Can You Make It?

Ancora più interessante è il caso di Red Bull Can You Make It?. Offrendo la possibilità, già di per sé pazzesca, ad un gruppo di giovani studenti di viaggiare per l’Europa, Red Bull inoltre inserisce una nuova valuta nel mercato: sé stessa.
L’edizione limitata delle famose lattine austriache, diventa così, per una settimana, l’unica moneta di scambio per i team di
Can You Make It?Lasciando portafogli e telefoni alla partenza, ogni squadra dovrebbe arrivare alla meta, nell’edizione 2020 è Berlino, giocando con la creatività e contando molto sulla fortuna.
Così il brand di Salisburgo regala un’esperienza a costo zero che i ragazzi ricorderanno per sempre, con inevitabile attaccamento al brand, rinforzando la sua stessa immagine e dimostrando il valore, non solo economico, del marchio.

Minor in Management Artistico

Se è evidente l’unicità del caso Red Bull e che il corporate storytelling sia più presente e sostenibile per le grandi aziende, può essere allora la stessa Università a intervenire in supporto delle PMI e dei distretti.
È su questa linea che è nato il Minor in Management artistico dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, un corso interdisciplinare dove vengono messe in pratica le tecniche di espressione artistica, sempre più richieste nella narrazione d’impresa.
In questo modo, il distretto della ceramica di Nove e Bassano del Grappa prima, e Ca’ Sagredo a Venezia poi, hanno visto il realizzarsi di un lavoro progettuale di studenti di triennale dalle varie facoltà cafoscarine.

Consapevoli dell’evoluzione continua del mercato, l’errore più grande sarebbe però utilizzare uno storytelling per rendere epica la storia di un’azienda, quando invece sono il suo passato e presente ad essere scritti e non il suo futuro. Impariamo perciò a comunicare per non ingannare, ma per raccontare storie e non favole, dando vita ad una narrazione umana.

Perché il processo non genera subito risposte, non è un problem solving definitivo, ma attraverso i suoi passi, è nel suo più profondo un problem making. Ed è proprio dai problemi che nasce il guizzo.

Come rispondere ad una crisi? Mettendoci la faccia.

Non solo quella del “padrone”, certo, ma soprattutto quella delle sue persone, ricordandosi che tutto gira intorno a queste, per queste, dal loro lavoro ai loro bisogni e acquisti. Nonostante la sincerità non cambi (anzi!) una quotazione in borsa, né possa essere inserita nell’attivo in bilancio, premia sul lungo periodo.
Come tra persone, appunto, da sincerità arriva fiducia, e da questa, attaccamento.
E poi, non è forse vero che ci si fida più dell’amico?

Può l’industria darsi fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita della fabbrica?
(Adriano Olivetti)

 

 

Giovanni Gerolin

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