
L’emancipazione femminile ha portato le donne a conquiste sempre più numerose.
Dal diritto di voto, a quello di poter accedere alle cariche elettive, non dimenticando le lotte per la parità salariale e le tutele sul lavoro in gravidanza.
Ma quali sono le frontiere moderne del Women Empowerment?
Pochi giorni fa un team di ingegneri di Google ha proposto all’Unicode Consortium 13 nuovi emoji per rappresentare al meglio le professioni lavorative dal punto di vista femminile.
L’intento del team di Google è quello di colmare questo divario professionale, rappresentando graficamente una serie di ambiti lavorativi che al momento non sono presenti tra le attuali emoji: come la donna chirurgo, contadina, la rockstar e così via.
Oggi le donne governano Paesi, sono a capo di Consigli di Amministrazione e hanno ottenuto il rispetto che meritano nella società ma una volta non era esattamente così.
Ci sono stati tempi in cui non potevano studiare, accedere al diritto di voto o molto più semplicemente correre una maratona (pensate che nel 1966 gli organizzatori della Boston Marathon tentarono di fermare Roberta Gibb dal partecipare in quanto “correre era una cosa da maschi”).
Anche se è stato fatto molto per l’emancipazione femminile, i dati raccontano una disparità di genere ancora tangibile: come emerge dal dossier Open Polis la percentuale di donne che ricopre ruoli chiave in ambito politico è ancora troppo bassa.
Concetto magistralmente espresso dal magazine femminile ELLE UK, con la campagna #MoreWomen che ritrae la presenza femminile nei luoghi di potere attraverso la seguente provocazione: “se eliminassimo le figure maschili, quante donne rimarrebbero nelle foto? Giudicatelo con i vostri occhi.”
È evidente che non si può ancora parlare di completa uguaglianza di genere ed è proprio per questo motivo che molte figure pubbliche, dal mondo dell’arte a quello della politica, si battono a favore del Women Empowerment.
Andiamo però con ordine: cos’è esattamente il Women Empowerment?
Il Centro per i Diritti Umani dell’Università degli Studi di Padova, lo definisce in questo modo:
“Con riferimento alla condizione della donna, il termine definisce un processo destinato a modificare le relazioni di potere nei diversi contesti del vivere sociale e personale e volto in particolare a fare in modo che le donne siano ascoltate, che le loro conoscenze ed esperienze vengano riconosciute; che le loro aspirazioni, i loro bisogni, le loro opinioni e i loro obiettivi siano presi in considerazione; che possano partecipare ai processi decisionali in ambito politico, economico e sociale”.
Siamo sicuri che oggi si possa ancora parlare di Women Empowerment?
La risposta è sì.
Con questo non mi riferisco solo a Paesi dove le donne stanno ancora combattendo per i diritti quali il voto o l’accedere alle cariche elettive ma anche a situazioni quotidiane.
Occasioni nelle quali le donne non ottengono rispetto o subiscono stereotipi da parte della società. Non vi sembra possibile?
Nel Giugno 2015, il noto marchio di pannolini Huggies ha realizzato una pubblicità per promuovere una linea pensata per valorizzare le differenze anatomiche tra maschio e femmina.
“Lei penserà a farsi bella, lui a fare gol. Lei cercherà tenerezza, lui avventure. Lei si farà correre dietro, lui invece ti cercherà”.
Recita una voce fuori campo durante lo spot.
Inutile dire che l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria ha sanzionato lo spot in questione.
Perché una bambina non dovrebbe sognare di fare goal?
Semplicemente perché il calcio è considerato “il gioco da maschi” per antonomasia?
Abbiamo già parlato di donne e diritti con la storia di Stephanie Shirley: un grande esempio di forza e tenacia, una ribelle che ha combattuto per far sentire la sua voce in un passato, non troppo lontano, e in un mondo dominato dagli uomini.
Quali figure femminili combattono oggi a favore dell’uguaglianza di genere?
Ne ho selezionate alcune che, a mio parere, si possono definire delle vere e proprie paladine del Women Empowerment.
Sheryl Sandberg
Considerata una delle donne più influenti nel mondo tech, Sheryl Sandberg è l’attuale direttore operativo di Facebook.
A seguito di una breve esperienza in campo politico, Sheryl approda a Google dove diventa Vice President per le vendite online.
Leggenda narra che inizialmente Eric Schmidt non sapesse che ruolo affidarle all’interno di Google, ma decise di assumerla in quanto possedeva tutte le caratteristiche di un creativo smart.
Nel 2007 durante un party di Natale conosce Mark Zuckerberg e decide di accettare l’offerta di entrare nel team di Facebook. Nota ai media come la donna che ha fatto litigare Google e Facebook, (la sua scelta scatenò diverse polemiche nel team di Google), Sheryl è una grande sostenitrice della parità di genere e dell’emancipazione femminile, come racconta nel libro “Lean In, Women, Work and the Will to Lead”.
È molto famoso un suo Ted Talk del 2010, incentrato sulla carenza di leader donna nella società moderna.
Ecco i suoi 3 consigli per le donne che aspirano ai piani alti,
“My talk today is about what the messages are if you do want to stay in the workforce, and I think there are three.
One: sit at the table.
Two: make your partner a real partner.
And three, don’t leave before you leave.”
Hillary Clinton
Quale simbolo migliore del Women Empowerment se non la donna che sta attualmente correndo per diventare il primo Presidente donna degli Stati Uniti d’America?
La sua è stata davvero una strada in salita: dal ruolo di First Lady, a quello di Segretario di Stato per poi puntare tutto alla Casa Bianca.
Il tema della parità di genere è molto caro alla Clinton e ricorrente nelle sue apparizioni pubbliche passate e presenti: il suo discorso alla Women’s Conference di Beijing del 1995 “Women’s Rights Are Human Rights” è ancora oggi ricordato come un grande passo, il primo della Clinton come figura pubblica, a favore dei diritti delle donne.
La candidata alla presidenza è stata inoltre fermamente supportata da due icone del femminismo americano: Madeleine Albright, la prima donna segretario di Stato e Gloria Steinem, una delle voci più potenti del femminismo moderno.
Beyoncé Knowles
Definire Beyoncé Knowles un’icona del femminismo potrebbe essere un errore e allo stesso tempo non esserlo.
Una sorta di paradosso del gatto di Schrödinger del femminismo.
Procediamo però per gradi.
Era il 2008 e la cantante iniziava a muovere i primi passi verso questa tematica con il singolo “If I were a boy” nel quale veste i panni di una poliziotta donna e mostra le differenze di genere e il modo in cui vengono viste dalla società.
Nel 2011 con “Run the world (girls)” comincia a prendere forma un avvicinamento più netto al mondo del Women Empowerment tanto da poter definire questa hit l’inno femminista della cantante statunitense.
Nel 2014, Queen Bey stupisce con la sua performance agli MTV Video Music Awards.
Alla fine dell’esibizione appare sullo schermo alle sue spalle la parola “feminist” e una citazione della scrittrice nigeriana Chimanda Ngozi Adichie.
Testo che viene inserito anche nella canzone Fawless dell’album Beyoncé del 2013.
Si tratta di una presa di posizione più netta che va oltre la carriera musicale: prende infatti parte anche alla campagna #BanBossy nata per promuovere una petizione contro l’uso delle parole discriminatorie nei confronti delle donne.
Il termine Bossy ne è un chiaro esempio: questo aggettivo viene spesso usato per descrivere le donne di potere, con un’accezione volta al negativo, cosa che non avviene per gli uomini ai piani alti che vengono semplicemente definiti “boss”.
Indovinate da chi è stata promossa questa campagna? Da LeanIn.org.
Vi sembra di aver già sentito questo nome?
È l’organizzazione no-profit di Sheryl Sandberg.
Beyoncé in tutto questo ha anche deciso di prendere carta e penna e aggiungere il suo contributo allo Shriver Report “A Woman’s Nations Pushes From The Brink”, un dossier che si avvale di saggi, accademici e non, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’uguaglianza di genere.
In “Gender equality is a myth!”, l’artista promuove la parità salariale tra i sessi e si chiede perché negli Stati Uniti una donna guadagna in media solo il 77% rispetto allo stipendio un uomo.
La parità di genere è una questione che dovrebbe interessare tutti noi, come sottolinea in questo punto del suo saggio:
“Humanity requires both men and women, and we are equally important and need one another. So why are we viewed as less than equal?”
Siamo nel 2016 e Beyoncé con l’album Lemonade tratta il ruolo della donna afroamericana nel passato e nel presente degli Stati Uniti d’America. Date un’occhiata al teaser del visual concept dell’album rilasciato da HBO il 23 Aprile.
Femminista o meno, riuscite ad immaginare una figura che simboleggia la forza e il potere femminile meglio di Beyoncé?
Emma Watson
Quando si parla di Women Empowerment non si può non nominare Emma Watson.
E non solo per come Hermione Granger ha insegnato alle ragazze ad essere delle vere guerriere.
Anche a costo di sembrare saccente, poco importa, Hermione non teme di mostrare la sua forza ed intelligenza.
Nel 2014 l’attrice britannica è stata nominata “Goodwill Ambassador” dall’UN Women, l’organizzazione delle Nazione Unite che si occupa della parità di genere e il ruolo della donna nel mondo.
Lei stessa si è definita una femminista nel discorso di lancio della campagna #HeforShe, presentato proprio all’Onu, sottolineando come il problema della disuguaglianza di genere non riguardi solo le donne ma tutta la società.
Nel suo discorso l’attrice inizia soffermandosi sulle difficoltà nell’uso della parola femminismo che viene associata troppo spesso ad un sinonimo di odio nei confronti degli uomini.
“I was appointed as Goodwill Ambassador for UN Women six months ago. And, the more I spoke about feminism, the more I realized that fighting for women’s rights has too often become synonymous with man-hating. If there is one thing I know for certain, it is that this has to stop.
For the record, feminism by definition is the belief that men and women should have equal rights and opportunities. It is the theory of political, economic and social equality of the sexes”.
Attraverso la sua esperienza personale, racconta di come abbia messo in discussione le costruzioni di genere sin da piccola:
“When I was 8, I was confused for being called bossy because I wanted to direct the plays that we would put on for our parents, but the boys were not”.
Termina infine ponendo per l’appunto la questione a tutta la popolazione maschile, in quanto anche gli uomini soffrono per la mancanza dei benefici dati dall’uguaglianza di genere.
“Men, I would like to take this opportunity to extend your formal invitation. Gender equality is your issue, too”.
#whatIreallyreallywant
La forza motrice del Women Empowerment si cela dietro questa domanda: cosa voglio davvero?
Esattamente l’8 luglio di vent’anni fa, se lo sono chiesto anche un gruppo di ragazze londinesi in un video che è stato definito dagli ascoltatori britannici “la canzone più orecchiabile del pop”.
Wannabe delle Spice Girls è diventato negli anni il simbolo del girl power e oggi lo slogan “What I really really want” viene declinato a favore della parità di genere.
L’organizzazione dei Global Goals ha infatti deciso di lanciare la campagna di sensibilizzazione mondiale #whatIreallyreallywant, attraverso una nuova versione del famoso video delle Spice Girls.
Nel remake, realizzato dal regista Richard Curtis, troviamo donne di diverse etnie ed età, con i jeans ma anche con il velo, che dimostrano cosa vogliono davvero, con scritte come “quality education for all gender”, “equal pay for equal work”, “end child marriage”.
Il video si chiude con la frase “girl power has come a long way, let’s take further”.
Come non poter essere più d’accordo?
Sostenere il Women Empowerment implica fare una scelta: significa schierarsi affinché tutte le donne in tutte le parti del mondo (lo so é un’utopia ma anche una speranza in cui voglio credere) abbiano il diritto di esprimere completamente le loro potenzialità ed essere coinvolte attivamente in tutti i processi che le riguardano.
Perché è un diritto di ogni ragazza scegliere di diventare qualsiasi cosa decida.
E ha il diritto di scegliere sempre nel pieno delle sue potenzialità.